Diritto di abitazione e usufrutto
Onde evitare equivoci, riteniamo utile approfondire la differenza che intercorre tra l’usufrutto e il diritto di abitazione. Abbiamo detto che entrambi sono diritti reali di godimento e, spesso, potrebbero essere confusi. Vediamo le differenze:
- L’oggetto. Nel caso di usufrutto può riguardare sia beni immobili sia beni mobili. Invece, nel diritto di abitazione riguarda solo beni immobili.
- Il contenuto. Nel diritto di abitazione, il suo titolare ha diritto ad abitare nell’immobile solo limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia. Il titolare dell’usufrutto può, di contro, cedere il proprio diritto o fornire la locazione anche a terzi.
- Il pignoramento. L’usufrutto è un diritto pignorabile mentre il diritto di abitazione non lo è.
- L’aspetto fiscale. Nell’usufrutto le imposte e le spese di straordinaria manutenzione spettano al nudo proprietario. Nel diritto di abitazione, invece, spettano al titolare dello stesso diritto.
L’usufrutto, come si costituisce
Secondo la legge, l’usufrutto può essere costituito per contratto, per testamento o per usucapione (modalità di acquisto di un diritto che avviene attraverso il possesso continuo, pacifico, ininterrotto e manifesto). Difatti, l’art. 978 c.c. definisce che l’usufrutto può essere stabilito: “Dalla legge o dalla volontà dell’uomo o per usucapione”.
Detto questo, ciò che è importante affinché si possa parlare di usufrutto è la natura del bene. Questo, infatti, può essere sia mobile che immobile e al contempo inconsumabile o infungibile. Al contrario, il diritto di usufrutto non può esplicarsi pienamente. Come già accennato in precedenza, in quest’ultimo caso si parla di “quasi usufrutto”.
Quanto dura l’usufrutto?
Secondo l’art. 979 c.c., la durata dell’usufrutto non può andare oltre la vita dell’usufruttuario. In più, nel caso in cui l’usufrutto sia stato costituito a favore di una persona giuridica (associazioni, Regioni, Università, Fondazioni, Società per azioni, Società con diversi tipi di responsabilità, ecc.), allora non può durare più di vent’anni.
Tra le cose da sottolineare nell’ambito della durata dell’usufrutto c’è senz’altro un aspetto importante. Infatti, a differenza di altri diritti reali di godimento, l’usufrutto non ha un valore illimitato.
Tuttavia, è ammesso l’usufrutto successivo solo a patto che sia costituito tra persone in vita e che sia a titolo oneroso. In questo caso, l’usufrutto di una persona può essere trasferito ad un’altra quando la prima viene a mancare e così via.
Invece, nei casi in cui si tratti di usufrutto di persona giuridica, la giurisprudenza sottolinea che il divieto non riguardi gli enti pubblici in quanto entra in gioco la disciplina della pubblica utilità.
Cessione dell’usufrutto
La normativa che regola il diritto di usufrutto sancisce che l’usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo periodo di tempo. Lo si legge nell’art. 980 c.c. Qui, poi, viene anche indicato che l’usufrutto può essere ceduto anche per la sua intera durata quando questo non sia vietato dal titolo costitutivo del diritto.
Di qualsiasi eccezione si tratti, la cessione dell’usufrutto deve comunque essere oggetto di notifica al proprietario del bene.
L’eccezione principale, invece, è la cessione del diritto di usufrutto al nudo proprietario e, cioè, il proprietario effettivo del bene. Qualora dovesse verificarsi questa eccezione, l’usufrutto verrà ritenuto cessato per consolidazione.
Inoltre, può accadere anche che le parti possano vietare in autonomia la cessione del diritto di usufrutto tramite un “atto ad efficacia reale” ed è opponibile a tutte le parti. L’importante è che questo aspetto venga trascritto secondo le modalità previste dalla legge.
L’estinzione dell’usufrutto
Il diritto di usufrutto, oltre che per scadenza si può estinguere anche per altre motivazioni. Vediamole.
- Prescrizione se l’usufrutto non viene utilizzato per 20 anni.
- L’usufrutto e la proprietà vengono riuniti nella stessa persona.
- Rinuncia del titolare del diritto di usufrutto.
- Sentenza di invalidità del titolo costitutivo.
- Abuso da parte del titolare del diritto di usufrutto.
- Perimento del bene.
Usufrutto e perimento del bene
Abbiamo appena visto che l’usufrutto può essere estinto anche a causa del perimento del bene. Ma cosa accade se il perimento è parziale?
Secondo l’art. 1016 c.c. se a perire è solo una parte del bene soggetto a usufrutto, allora questo diritto viene conservato solo su ciò che rimane. È possibile, tuttavia, che il titolo costitutivo possa prevedere che il diritto si estingua anche nel caso di perimento non integrale del bene.
In più, secondo l’art. 1017 c.c. se il perimento non è causato da un danno fortuito, l’usufrutto si converte da diritto reale di godimento a usufrutto di credito. In questo caso, la relativa riscossione dell’indennità verrà equamente divisa tra usufruttuario e proprietario.
Tabelle di calcolo del valore dell’usufrutto rispetto alla piena proprietà
Per calcolare il diritto di usufrutto vitalizio rispetto al valore della nuda proprietà vengono impiegate delle tabelle di comune utilizzo.
Queste, a seconda dell’età del titolare del diritto di usufrutto, quantificano il valore percentuale rispetto alla piena proprietà. Ad esempio, secondo le tabelle, se il valore di usufrutto vitalizio si riferisce ad una persona di età compresa tra 0 e 20 anni, allora è del 95% rispetto alla nuda proprietà che è del 5%.
Ragionando in termini numerici, quindi, possiamo citare come, di fronte ad un immobile dal valore di 100.000 euro su cui è stato costituito l’usufrutto in capo ad un minore di 15 anni, il suo diritto varrà 95.000 euro mentre la nuda proprietà 5.000 euro.
L’usufrutto legale. Di cosa si tratta?
L’usufrutto legale viene ben spiegato dall’art. 324 del c.c. che ricorda come l’esercizio di questo diritto spetti ai genitori che esercitano la responsabilità genitoriale sul minore. Di fatto, fino al raggiungimento della maggiore età del minore, sono i genitori ad usufruire e utilizzare i beni di un figlio.
Inoltre, l’articolo 4 (lettera c del comma 1) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir) ricorda che: “I redditi dei beni dei figli minori soggetti all’usufrutto legale dei genitori sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascun genitore. Se vi è un solo genitore o se l’usufrutto legale spetta ad un solo genitore i redditi gli sono imputati per l’intero ammontare”.
Un esempio di usufrutto
Una domanda che sorge spontanea dopo aver letto tutte queste informazioni potrebbe essere: qual è un esempio di usufrutto?
Te ne raccontiamo uno. Immagina che l’usufruttuario sia un anziano e la nuda proprietà sia di una coppia che decide di acquistare un immobile. Il primo potrà usufruire della comodità di poter utilizzare la casa e di godere dei suoi frutti se volesse metterla in affitto. La coppia, invece, sarà proprietaria dell’abitazione e non potrà utilizzarla fino al termine dell’usufrutto. Quando ciò avverrà, i nudi proprietari potranno beneficiare e godere a tutti gli effetti dell’immobile.
Se qualcosa non ti è chiara e volessi chiedere ulteriori approfondimenti puoi scriverci in privato o nella sezione dedicata ai commenti sotto questo articolo. In più, se l’idea è quella di voler chiedere un mutuo per acquistare una casa, qui puoi effettuare una simulazione in tempo reale.
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